LORO SEDI  

APPROVATO IL DPCM DI RIORGANIZZAZIONE DEL MIBACT

Ieri il ministro Franceschini ha illustrato alle OO. SS. la bozza di riorganizzazione del Ministero, prevista dal DPCM emanato lo scorso giugno e in scadenza il 15 dicembre prossimo. In conseguenza del ritiro cautelativo dei DM di Bonisoli era necessario procedere per definire il nuovo assetto delle strutture. Abbiamo atteso la giornata odierna per darvi notizie in quanto durante la riunione era emersa la possibilità che il Consiglio dei Ministri potesse essere spostato a giovedì (mentre invece si è tenuto ieri dalle 20 alle 21.54), pertanto desideravamo darvi notizie ufficiali e non ufficiose. Visto che il documento è stato approvato nella seduta di ieri, lo riteniamo ufficiale nella forma che ci è stata trasmessa ieri sera al netto di eventuali modifiche intervenute e non comunicate alle OO. SS.

Di seguito una breve sinossi degli elementi più significativi.

Il Segretariato generale mantiene le caratteristiche di una struttura molto forte amministrativamente, con ben 7 servizi, tra i quali uno specificamente dedicato ai contratti e agli appalti (precedentemente era prevista la possibilità che su questo specifico argomento venisse creata una Direzione Generale) e uno dedicato alle mostre/manifestazioni.

Le Direzioni Generali divengono 12, con due strutture nuove: la DG per la Sicurezza del patrimonio culturale e la DG per la Creatività contemporanea che ingloba la precedente DG AAC e accresce le materie di competenza. Alla DG Educazione e ricerca vengono assegnati gli Istituti culturali, sottratti alla DG Biblioteche, e la supervisione scientifica su cinque Istituti centrali.

Rispetto agli Istituti autonomi di prima fascia si segnala l’elevazione dell’Archivio Centrale dello Stato, precedentemente di II fascia, e quella della Biblioteca dei Girolamini di Napoli. Viene creata una nuova struttura chiamata Istituto per la Digitalizzazione del patrimonio (Digital library) che avrà funzione di raccordo su tutti gli Istituti centrali che si occupano di catalogazione. Assurge al rango di istituto autonomo di I fascia anche un museo di nuova formazione, il Vittoriano-Palazzo Venezia.

Invece rispetto agli Istituti autonomi di seconda fascia abbiamo alcune modifiche: l’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia si chiamerà Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale, l’ISCR tornerà a chiamarsi ICR e l’ICRCPAL si chiamerà ICPAL. Assumono rango dirigenziale il Museo Archeologico di Cagliari, il Museo Nazionale d’Abruzzo, i Musei di Matera, il Parco archeologico di Sibari, la Pinacoteca Nazionale di Bologna e il Palazzo Reale di Napoli. Recuperano l’autonomia i tre Istituti precedentemente declassati: il Parco archeologico dell’Appia Antica, le Gallerie dell’Accademia di Firenze e il Museo di Villa Giulia.

I Segretariati regionali tornano ad essere uno per ciascuna regione, annullando gli accorpamenti previsti in precedenza, e si vedono riassegnare le funzioni di tutela attraverso la riattivazione delle COREPACU.

I Poli museali prendono il nome di Direzioni regionali dei Musei e tornano – anche in questo caso – ad essere uno per ogni regione; per il Friuli VG il direttore sarà il direttore del Parco di Miramare. Nel Lazio si verificherà uno sdoppiamento: avremo una DR dedicata ai musei non dirigenziali di Roma e un’altra dedicata a quelli del restante territorio regionale.

Per quanto riguarda le Soprintendenze ABAP si segnala la creazione della Soprintendenza per il patrimonio subacqueo con sede a Taranto, che avrà anche la tutela del territorio di competenza svincolandosi definitivamente da Lecce. Verranno sdoppiate anche alcune Soprintendenze: la SABAP di Como, la SABAP Liguria, la SABAP Marche, la SABAP di Cosenza. Confermata la tutela del territorio abruzzese mediante la divisione in SABAP Aquila-Teramo e SABAP Chieti-Pescara.      

Gli Uffici Esportazione restano come unità organizzative interne alla SABAP.

Molti dettagli riferitici saranno contenuti, in realtà, nei DM attuativi pertanto sono anticipazioni che troveranno conferma nei successivi provvedimenti. Al momento non possediamo altri dettagli, che vi verranno comunque tempestivamente trasferiti. Rinviamo alla giornata di domani per un giudizio – ancorché sommario – sulle caratteristiche della riforma contenuto in un documento confederale.

RIASSEGNAZIONE POC 2018 E IPOTESI ACCORDO POC 2019

Oggi abbiamo siglato la ratifica dell’accorso inerente alla riattribuzione di 44 POC 2018 scaturite da una congrua somma di posizioni non attribuite, onde garantire il pagamento ai destinatari entro il 2019. Contestualmente è stata siglata l’ipotesi di accordo POC 2019, che ricalca il medesimo schema.

LAVORI USURANTI 

Con l’occasione è stato chiesto conto dell’esito del tavolo interministeriale MIBACT-MINISTERO LAVORO-INPS per risolvere la questione dei lavori usuranti e dei profili professionali potenzialmente interessati dai benefici previdenziali. Ad oggi non ci sono significativi passi in avanti, anzi; il beneficio riguarda solamente il profilo di ex operaio. Tuttavia l’Amministrazione ha tenuto aperta l’interlocuzione con gli altri due Enti e procederà a una ricognizione particolareggiata della platea interessata dai benefici, sia in termini numerici che professionali.    

OSSERVAZIONI UILPA AL DPCM DI RIORGANIZZAZIONE DEL MINISTERO

La riorganizzazione proposta nello schema di DPCM produce, a livello generale, una forte riaffermazione dei principi che hanno uniformato la stagione delle riforme iniziata con il DPCM 171/2014 ed un riassetto funzionale che incide in maniera significativa sia sugli organismi centrali che su quelli territoriali. In tale contesto la nuova riorganizzazione corregge significativamente alcuni indirizzi presenti nel DPCM Bonisoli e li utilizza in modo coerente con quelli tracciati dalla precedente riforma Franceschini. Ciò è reso possibile anche da un aumento, di per sé rilevante, della dotazione dell’organico dirigenziale, che acquisisce 25 posizioni aggiuntive di seconda fascia oltre quelle che derivano dal ritorno delle competenze in materia di Turismo.

Pur riconoscendo il recepimento di proposte e suggerimenti pervenuti dalle parti sociali e finalizzate all’efficientamento delle strutture, la valutazione sull’impianto complessivo richiama le posizioni di forte critica già più volte espresse in passato, in particolare su due elementi: la separazione artificiale tra i cicli di tutela e quelli di promozione del patrimonio culturale e la sostanziale inadeguatezza dell’apparato interno a fronteggiare la sfida organizzativa data dalla complessità delle strutture identificate nel modello introdotto a partire dal 2014. Avremmo sperato che questa fase fosse una utile occasione per un ripensamento almeno su una parte delle scelte compiute in relazione alle criticità di funzionamento che in questi anni si sono verificate. Anche noi siamo convinti che una maggiore fruizione del patrimonio diffuso, una scommessa sul patrimonio museale, sia uno dei maggiori problemi di una struttura, che nei suoi asset tradizionali, era prevalentemente indirizzata alle funzioni di tutela del patrimonio. Ma non ci pare che nella sua generalità, la scelta di separare il circuito museale dal territorio che lo ha prodotto si sia rivelata la soluzione più adeguata, a partire dalla valutazione sulle performance dei Poli Museali, non certamente soddisfacente rispetto agli obiettivi posti. Sarà ovviamente necessario conoscere le modalità con cui il nuovo schema verrà recepito nei DM applicativi, sia in riferimento alla concreta identificazione di nuove strutture, come ad esempio le Soprintendenze Uniche, che in riferimento alla necessaria rimodulazione dei fabbisogni professionali utili al loro funzionamento.

Quindi, nel prendere atto di un orientamento consolidato, procediamo alle osservazioni di merito sullo schema di DPCM proposto:

Segretariato Generale e Direzioni Generali: va accolta positivamente la nuova configurazione del Segretariato Generale, che perde buona parte delle competenze gestionali attribuite dal DPCM Bonisoli e presenta una struttura molto più orientata alle funzioni di coordinamento, indirizzo e controllo in modo coerente con la sua identificazione normativa. Con due osservazioni: la prima è riferita alle competenze individuate all’art.13, comma 2, lettera u), che in parte nel DPCM Bonisoli erano state attribuite alla prevista DG Contratti, in particolare per quel che riguarda i rapporti con le centrali di committenza per l’affidamento dei contratti di appalto e concessione. Una competenza gestionale a nostro avviso impropria e la cui allocazione coerente sarebbe stata all’interno della DG Bilancio, mentre appaiono congrue le competenze in materia di consulenza, indirizzo e supporto rispetto alla programmazione in materia di appalti pubblici, partenariato e convenzioni dei restanti Uffici del Ministero. La seconda è riferita alla mancata scelta di potenziamento del servizio Ispettivo, che dovrebbe essere il cuore pulsante del controllo di gestione e allo stato non subisce alcuna modifica, anche rispetto a quelle proposte dal DPCM Bonisoli, tranne che per il mantenimento della linea gerarchica sovraordinata rispetto ai Segretariati Regionali. Anche in questo caso si è persa una utile occasione per definire una linea organizzativa sul controllo di gestione in un Ministero che ancora, malgrado la centralizzazione delle funzioni contabili, produce una massa assai consistente di residui di somme impegnate e non spese, preferendo mantenere una connotazione burocratica del servizio Ispettivo che si accompagna alla tradizionale irrilevanza dell’OIV.

Molto positivamente va giudicata la decisione di istituire una Direzione Generale dedicata alla Sicurezza del patrimonio culturale. Per evidenti motivi che, in relazione alle ultime calamità naturali che hanno colpito alcune zone del Paese, hanno evidenziato la necessità di coordinamento e di gestione delle emergenze.

Analogo giudizio positivo lo esprimiamo rispetto alla creazione dell’Istituto Centrale per la Digitalizzazione del Patrimonio Culturale, che avrà finalità di coordinamento e indirizzo rispetto a tutte le attività di digitalizzazione in atto nel Ministero; sebbene – e va rilevato – la funzione precipua di un Istituto centrale sia quella di svolgere un’attività eminentemente tecnico-scientifica, pertanto sarebbe stato auspicabile assegnare il ruolo di coordinamento ad una Direzione generale appositamente creata o ad un servizio, a ciò esclusivmente dedicato, all’interno di una di esse.

Va invece rimarcato il ridimensionamento della DG Biblioteche, che cede la titolarità sugli Istituti Culturali alla DG Educazione e Ricerca e, nella parte più significativa, quella sugli Istituti Centrali a favore dell’Istituto per la Digitalizzazione del Patrimonio Culturale.

Appare pertanto ineludibile, e auspichiamo vivamente che possa essere oggetto di realizzazione in sede di emanazione dei decreti applicativi, il rientro delle Biblioteche storiche annesse ai Musei autonomi e quelle annesse ai Poli Museali, nell’alveo naturale di dipendenza dalla DG Biblioteche. Non solo per un necessario rafforzamento e rilancio di una competenza strategica del Ministero, ma anche per una opportuna valutazione di una scelta che non esitiamo a definire nefasta ed i cui effetti deleteri stanno emergendo anche nella percezione dell’opinione pubblica, come ad esempio la recente denuncia, che ha avuto molta eco sulla stampa locale, della situazione della Biblioteca Palatina di Parma. 

Uffici Territoriali:

Riteniamo positiva la scelta di indirizzare l’allocazione dei nuovi dirigenti previsti in aumento alla relativa dotazione organica in prevalenza sugli Uffici periferici.

Riteniamo positiva, nel raffronto con le scelte operate dal DPCM Bonisoli, la decisione di mantenere la strutturazione dei Segretariati Regionali e degli ex Poli Museali su base regionale e non per accorpamenti irrazionali e inefficaci. E condividiamo in pieno la scelta della creazione di una Soprintendenza nazionale per il patrimonio subacqueo con sede a Taranto ed anche la scelta di affidare a questa Soprintendenza la tutela del territorio provinciale.

Per quanto riguarda i Segretariati regionali, non vengono recepite le rimodulazioni di competenze previste dal DPCM Bonisoli e viene sostanzialmente riproposto il modello precedente, ad eccezione della mutata dipendenza gerarchica attribuita al Segretariato Generale. Anche in questo caso si è persa, a nostro avviso, una utile occasione per definire meglio i modelli gestionali, in particolare rispetto ai meccanismi di gestione e controllo della spesa, definendo e dividendo le responsabilità di coordinamento indirizzo e controllo, che dovrebbero essere proprie dei Segretariati da quelle di gestione diretta della spesa, che ancora oggi mortificano, rispetto al sistema autorizzatorio, gli Uffici periferici. E assommare in un unico Ufficio la gestione della spesa ed il suo controllo significa semplicemente riproporre modelli organizzativi obsoleti e disfunzionali. Manifestiamo apprezzamento anche sul fatto che il Segretariato regionale mantiene funzioni di coordinamento tecnico amministrative e di raccordo con le Regioni sui piani territoriali, a partire dal piano paesaggistico, e che viene riattribuita la funzione di coordinamento della tutela attraverso le Corepacu.

Gli ex Poli Museali vengono solo ridenominati in Direzioni regionali dei Musei, tranne la significativa eccezione del Polo del Lazio che viene suddiviso in tre, tramite la creazione del nuovo Museo autonomo del Vittoriano e di Palazzo Venezia e della Direzione dei Musei di Roma che si aggiungono alla Direzione Regionale.

Le Soprintendenze Uniche vengono aumentate di numero, con riferimento alle dimensioni territoriali più vaste e complesse attualmente esistenti in Lombardia, Calabria, Lazio e Abruzzo. Una operazione che non incide rispetto alla strutturazione organizzativa di questi Uffici; forse rischia addirittura di peggiorare il governo del territorio, come nel caso della Liguria e delle Marche, il cui esiguo personale difficilmente riuscirà a popolare le nuove strutture (pertanto tale scelta andrebbe ripensata se non altro all’esito del confronto con l’estensione territoriale delle altre regioni coinvolte dallo sdoppiamento). Non possiamo che ribadire che il modello Unico non corrisponde certo ad una esigenza di semplificazione e di interdisciplinarietà, concetto questo poco applicabile ai settori tecnico-specialistici, quanto piuttosto alla operazione di riduzione del peso organizzativo di questi Uffici, ad un loro indebolimento funzionale. Ribadiamo pertanto, anche sulla scorta di appelli lanciati anche recentemente dai grandi esponenti dell’Archeologia, che a capo di ogni competenza specialistica rilevante ai fini delle attività istituzionali del ministero debba essere posto un Dirigente. Anche in questo caso dobbiamo registrare una occasione mancata per riflettere sugli effetti di una decisione che ha di molto ridimensionato l’efficacia degli interventi di tutela sul territorio.

Anche in questa fase assistiamo ad una ulteriore proliferazione di Musei autonomi (la cui creazione è palesemente ispirata ad un principio geopolitico di distribuzione) che, con questa tornata, risultano uniformemente distribuiti sul territorio nazionale, ad eccezione del Molise, del Trentino Alto Adige, della Valle d’Aosta e della Sicilia.  Non intendiamo criticare l’operazione in sé, che in molti casi corrisponde a richieste provenienti dai singoli territori ed in altri ad operazioni che tendono a rilanciare il patrimonio culturale in aree geografiche dove si registrano scarsi livelli di conoscenza e fruizione dello specifico patrimonio culturale. Non condividiamo però l’ulteriore spezzettamento che avviene in territori strategici come il Lazio e la Campania. A nostro avviso in questo caso la proliferazione dei Musei autonomi produce una frantumazione territoriale difficilmente giustificabile, peggiorando le criticità organizzative che già nella prima fase erano evidenti, ad esempio, nei processi di ripartizione degli organici ed in relazione ai fabbisogni logistici. La frantumazione dell’Area Archeologica centrale di Roma, così come quella di Napoli, è una operazione che non esitiamo a definire antistorica e non corrisponde a nessuna esigenza di semplificazione amministrativa, tanto propagandata quando si è trattato di valutare l’operazione “olistica” sulle Soprintendenze, incidendo peraltro in territori nei quali non era certo in crisi il rapporto tra i fattori di attrattività del patrimonio posseduto ed i livelli della sua fruizione. Di conseguenza noi avremmo auspicato un ripensamento sui modelli adottati rispetto alle specificità territoriali sopra evidenziate, fatto purtroppo non avvenuto.

Ferma restando questa critica, per noi è condivisibile il ripristino dei Musei autonomi soppressi dal DPCM Bonisoli (la cui eliminazione non avrebbe certo intaccato il senso complessivo di quella operazione di frantumazione territoriale) per alcuni dei quali sarebbe auspicabile anche una discontinuità nella dirigenza, mentre esprimiamo perplessità rispetto a questa ulteriore suddivisione che separa Roma dal resto della Regione con una serie di implicazioni organizzative di grande complessità considerata la dimensione e lo stato degli organici attuale. Un ulteriore chiarimento lo chiediamo rispetto al Museo Nazionale Etrusco: dalla comunicazione del Ministro ci era parso di comprendere che sarebbe stata ripristinata la Soprintendenza Etruria Meridionale, che ovviamente può avvenire solo in fase di emanazione dei decreti applicativi. Dallo schema di DPCM vediamo invece ripristinato il Museo autonomo di Villa Giulia, e pertanto non è chiaro se ed in che termini verrà identificata la nuova Soprintendenza e quali intrecci si determineranno con il Museo autonomo che, come è noto, è il contenitore principale del patrimonio di quel territorio. Per quanto riguarda i restanti Musei autonomi identificati dal DPCM rinviamo la valutazione alla fase attuativa per comprendere ambiti territoriali, dimensione organica e soluzioni logistiche.

Pur registrando positivamente la reintroduzione delle Soprintendenze Archivistico Bibliografiche di Umbria e Basilicata e l’abolizione della sottoposizione gerarchica alle stesse degli Archivi di Stato, condividendo appieno la scelta di attribuire all’Archivio Centrale la Direzione Generale, non ci pare di cogliere dei grandi segnali di inversione di tendenza. Nel ribadire il nostro allarme sulla condizione organizzativa di questi Uffici, peraltro condivisa con le Associazioni professionali di settore, sottolineiamo la nostra ferma contrarietà alla identificazione di una linea gerarchica che assoggetta gli Archivi alle Soprintendenze di settore. Per quel che riguarda le dirigenze attribuibili, riteniamo almeno necessario attribuire la dirigenza all’Archivio di Stato di Palermo – tenendo conto che il sistema degli Archivi è l’unico organismo statale che si occupa di tutela del patrimonio culturale in quella Regione – e l’elevazione al rango dirigenziale dell’Archivio di Stato dell’Aquila, la cui importanza per la storia dell’Italia centromeridionale è ampiamente sottovalutata.

Il sistema delle Biblioteche guadagna una unica posizione dirigenziale, attribuita, per evidenti significati simbolici, al Complesso dei Girolamini. Una soluzione che giudichiamo del tutto insufficiente e ribadiamo che un segnale di vera attenzione al settore può essere lo sganciamento delle Biblioteche annesse ai circuiti di valorizzazione, attuabile nei decreti applicativi, ed il loro rientro nella dipendenza esclusiva della DG Biblioteche. Sarebbe un’occasione utile anche rispetto al definitivo riconoscimento scientifico dell’importanza delle Biblioteche annesse ai Monumenti nazionali.

Le ultime considerazioni riguardano essenzialmente due aspetti:

il primo è riferito alla necessità ineludibile di ridefinire il fabbisogno professionale in modalità funzionale ai livelli di investimento organizzativo previsti dal nuovo DPCM. Se ad esempio si guardano le situazioni degli organici previsionali di Regioni come Lazio e Basilicata, caratterizzate da differenti livelli di densità di dipendenti previsti, appare del tutto evidente che il fabbisogno teorico che determina l’introduzione in quei territori dalle nuove strutture non potrà mai essere coperto dagli attuali organici teorici. È pertanto necessario e ineludibile che, nella prevista rimodulazione degli organici, si individuino fabbisogni coerenti e funzionali alla complessità organizzativa che si introduce e non più una ripartizione “di risulta” derivante da un taglio del costo del lavoro inutile nei suoi effetti di potenziale risparmio di spesa, quanto controproducente rispetto ad un serio lavoro di rilevazione dei fabbisogni professionali. Per tale motivo noi abbiamo da sempre chiesto di ripianare il taglio operato nel 2014, costato circa 2100 posti teorici di lavoro, e procedere, sulla base di quella dimensione organica, ad una quantificazione più corretta di quelle esigenze. Su questo ci aspettiamo un impegno politico del Ministro pari almeno a quello profuso per il raggiungimento degli importanti traguardi contenuti nel “decreto Ministeri”, di cui gli riconosciamo il merito. 

L’ulteriore aspetto riguarda le relazioni sindacali e la fase di governo del nuovo riassetto: chiediamo di proseguire sul percorso avviato nella prima fase di riforma, dove una oculata gestione delle relazioni sindacali, gli accordi sulla mobilità volontaria sottoscritti, hanno consentito di governare il processo senza eccessive tensioni e rispettando la volontà dei lavoratori. Pertanto riteniamo opportuno novellare gli accordi che a suo tempo furono stipulati in materia. Accanto a questo riteniamo necessario e non più differibile un confronto sul piano assunzionale, i cui ritardi attuativi stanno aggravando di molto le già precarie condizioni organizzative degli Uffici e di cui ancora non sono note le scelte di programmazione sui profili professionali e le tempistiche di avvio dei concorsi pubblici.

Restando a disposizione per ogni ulteriore approfondimento porgiamo distinti saluti