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IL RIENTRO IN “INSICUREZZA”

La decisione incredibile di far rientrare in massa il personale negli Uffici del MIC avviene paradossalmente nel momento in cui occorrerebbe saggezza e gradualità nelle riaperture dei luoghi della cultura. Invece assistiamo ad una netta inversione di tendenza del ministro Franceschini, di cui sinora erano invece note le posizioni prudenziali sulla gestione dell’emergenza. E quindi si decide di riaprire tutto al buio e senza le necessarie garanzie di una ritrovata condizione di normalità, sia per l’utenza che frequenta i nostri istituti che per i nostri lavoratori che sono chiamati a garantire dei servizi essenziali.

Scaricando il peso di questa decisione sui dirigenti degli Uffici, responsabili effettivi come datori di lavoro, che, a seguito delle ultime disposizioni del Segretario Generale, dalle quali abbiamo chiesto inutilmente l’eliminazione della percentuale minima del 70% del personale in presenza, si dovranno assumere l’onere di disporre il rientro in servizio di gran parte del personale in condizioni in cui oggettivamente non saranno in grado di garantire le dovute misure di prevenzione dal contagio da COVID. In sostanza la pandemia scompare dall’agenda del Ministro in nome di esigenze politiche e propagandistiche.

Lo ribadiamo: a nostro avviso ci sono le condizioni per una ripartenza graduale alle medesime condizioni di sicurezza che sono state adottate a maggio dello scorso anno, mentre non esistono quelle per un rientro in massa negli Uffici per il semplice motivo che la logistica ministeriale e le condizioni organizzative legate alla sicurezza non lo consentono. E questo riguarda sia le strutture centrali che quelle periferiche. Di conseguenza decisioni di questo tipo pongono i lavoratori ed i cittadini a grave rischio di recrudescenza da contagio, come peraltro si stanno affannando a denunciare i sanitari specialisti, anch’essi surclassati dalle esigenze politiche.

Non solo: il Ministro, con questa decisione, segna un grande passo indietro sul lavoro agile nel MiC, proprio mentre si discute con il suo collega Brunetta la sua regolamentazione nel nuovo Contratto Nazionale, per il quale, vale la pena di ricordarlo, non si intravede ancora alcun investimento significativo di risorse indirizzate alla digitalizzazione ed alla infrastrutturazione tecnologica che possa supportare la remotizzazione delle attività del MiC, malgrado i proclami trionfalistici sulla cosiddetta modernizzazione della PA. Gli stessi progetti di digitalizzazione previsti nello sbandierato Piano per la Cultura nel PNRR riguardano esclusivamente la digitalizzazione del patrimonio per scopi dichiaratamente commerciali e non c’è un centesimo indirizzato alla semplificazione delle prassi amministrative interne. I lavoratori in pandemia hanno continuato a garantire regolarmente i servizi in molti casi aumentando la produttività, arrangiandosi con le proprie reti domestiche e dotazioni informatiche, auto organizzandosi anche per sopperire ad inefficienze strutturali. Garantendo, anche in questo contesto, la tutela e l’integrità del patrimonio culturale.

Per non parlare infine della drammatica situazione di moltissimi uffici, che avranno serie difficoltà a garantire i servizi se non addirittura a riaprire. Ci riferiamo agli Archivi ed alle Biblioteche ma anche a moltissimi Musei, alle Soprintendenze spacchettate dall’ennesima riorganizzazione, che scontano i gravi ritardi e le insufficienze del piano assunzioni, e certo non sono sufficienti i reclutamenti discutibili dei collaboratori o il ricorso pervasivo alle esternalizzazioni.

Abbiamo chiesto semplicemente di adottare metodi di confronto che hanno consentito sinora di ridurre al minimo i rischi della diffusione della pandemia. La risposta è stata una riunione nella quale hanno pensato bene di delegare ad altri il compito di illustrarci queste disgraziate misure. Per questo ci pare inevitabile la proclamazione dello stato di agitazione e l’avvio di una vertenza nazionale finalizzata alla messa in sicurezza del patrimonio culturale riservandoci ulteriori iniziative di mobilitazione e sensibilizzazione dei cittadini qualora non avremo riscontro alle nostre richieste. Denunceremo puntualmente all’opinione pubblica tutte le disfunzioni, la precarietà ed il degrado nel quale si trovano i cicli lavorativi che si occupano di tutela e promozione del patrimonio culturale e cercheremo di tutelare in ogni modo possibile la salute e sicurezza di lavoratori e dei cittadini. Se davvero il Ministro Franceschini vuole lavorare per la ripartenza delle attività del Ministero inizi ad occuparsi seriamente di questo e non solo del suo ufficio stampa.

Roma, 7 maggio 2021

Di TH